Lo storyteller (parte IV)

4. -Allora, signor Stone.-esordì Wolf per rompere l’imbarazzo calato su di loro.
-Come fa a sapere il mio nome?
-L’ho mandata a prelevare dall’ispettore, no?
-Questo non risponde alla mia domanda.
Stavolta l’imbarazzo era tutto di Folder. Come spiegare ad un semplice civile che gli archivi degli XYZ files avevano una memoria propria, la cui natura ancora gli sfuggiva dopo anni, e che erano in grado di fornire qualsiasi dato utile per indagare sopra un mistero? Dati, beninteso: non informazioni! E non vi poteva attingere da un terminale come per gli archivi del resto dell’F.B.I. No. Doveva recarsi in loco e cercare il faldone corretto!
Così, si limitò a sospirare.
-Potrà sapere tutto quel che vorrà, ma prima deve ascoltare tutto quello che ho da raccontarle.
Stone aggrottò le sopracciglia.
-Sta per raccontarmi una storia, agente Folder?
-Non la stupirà molto. Questa è la sua materia, no?
-È il mio lavoro, già.
Sì, perché Stone, di professione, faceva lo storyteller. Il suo lavoro consisteva nel raccontare storie. Costruirle, scegliere il mezzo per narrarle (video, carta, musica, teatro) e tanto altro. Un po’ Folder si era informato. Perché qualcosa era fuggito di mano  quello  storyteller. E ciò poteva costituire un grave problema. Per il momento, tenne per sé queste considerazioni, prese fiato e domandò:
-Cosa mi sa dire di un uomo chiamato Jake Pattrow?
Stone trasalì. Parve per un istante che gli occhi potessero uscirgli dalle orbite.
-Jake.-il nome gli uscì dalle labbra in un soffio. Non era una domanda.

5. -Un equipaggio?- esclamò il barista intento a lucidare un bicchiere con quello che un tempo doveva essere stato uno straccio pulito. Osservava interdetto quella strana imitazione di Johnny Depp nei panni di uno di quegli strani personaggi del ciclo di film “Pirati dei Caraibi”. Era vestito come quel pirata, sì, aveva anche il pizzetto nero e quell’aspetto trasandato di chi è inseguito da mille nemici mortali, ma il peggiore è un bel pezzo di sapone. Se ne stava lì al bancone già da una mezz’ora farfugliando qualcosa sulla ricerca di un equipaggio e spargendo effluvi al gin andato a male con quel suo alito pestilenziale.
Lui sapeva soltanto che di lì a poco la situazione si sarebbe fatta un po’ troppo calda là dentro. Il suo capo aveva dato ordine di cacciare gli scocciatori al più presto. E, il più presto, ormai, era già troppo tardi, constatò con una certa apprensione, lanciando un’occhiata alle spalle dell’ubriacone vestito da pirata che aveva davanti: stava facendo il suo ingresso nel locale il primo degli ospiti tanto attesi. Lo conosceva bene: era il tirapiedi di Don Vito Tanticchia.
Afferrò per un braccio il fetido individuo che continuava a farfugliare cose strane come “la mia bussola mi ha portato qui” e “apprezzerei mi offrissi un altro giro di quello buono, compare”. Fare il giro del bancone e trascinarsi nel retro quello strano tizio fu un tutt’uno.
-Ehi, non ti conosco così bene. Molla la presa. Chi ha osato qualcosa di simile in passato, io gli…
-Tu cosa gli hai fatto, eh, imbecille?
-Sì dà il caso che senza un altro giro non mi sovvenga.
-Imbecille!- gracchiò il pappagallo.
Al barista prese quasi un colpo! Quel pennuto che sbraitava da sopra la spalla dell’ubriacone, poco prima non c’era. Ne era matematicamente certo. Non avrebbe potuto non notare qualcosa di così brutto: mezzo spiumato, con un occhio solo che minacciava di lanciare strali di puro odio. 

-Oh, chi si vede!- esclamò il tizio vestito da pirata, -Da bravo, saluta il mio nuovo generoso amico.
-Stai zitto, imbecille!- urlò il pennuto.
Un sottile strato di sudore freddo stava cominciando ad imperlare la fronte del barista.
-State zitti tutti e due, se ci tenete alla pelle. E non muovetevi da qui finché non ve lo dico io!- ordinò perentorio.
-Sta’ zitto imbecille!- rispose il pappagallo.
-Zitto, Nemesi. Fa’ il bravo- udì sussurrare il tipo strano al suo pappagallo.
Nemesi? pensò tornando dietro al bancone. Un pappagallo di nome Nemesi. Un barbone drogato vestito da pirata sul retrobottega, mentre nel locale il capo ed i suoi amici si stavano incontrando per una riunione straordinaria. Inoltre, l’ospite d’onore non era ancora arrivato.
(continua)
Andrea Savio