Lo storyteller (parte X)

8. Stone scelse le cavallette.

-Che cosa sta facendo?- protestò alle sue spalle Folder, mentre l’altro scendeva dalla sua giardinetta di ennesima mano.

-Vede, agente, – gli rispose quasi sottovoce, come se quelle parole fossero dirette più a se stesso che a Folder, -questi mostri io li ho già visti.

-Non pensavo che lei assumesse sostanze allucinogene.

Stone si lasciò sfuggire una risata isterica. “Sto incamminandomi verso un mare di enormi cavallette blu elettrico. Mi fanno un ribrezzo tremendo e sono terribilmente reali. Non penso proprio che siano effetto di un’allucinazione provocata dalla droga!” pensò.

-Si ricorda Ellie, agente Folder?

Improvvisamente, nella mente di Wolf un’immagine si insinuò prepotentemente. Ellie. Come aveva fatto a dimenticarsi di quella mostruosità? Si trattava del testimonial di una compagnia aerea, la Blue Grasshopper. Ellie era una grossa cavalletta blu con gli occhiali calati sul naso e l’aria saccente che guardava i viaggiatori che sceglievano altre compagnie, commentando soltanto con un semplice “Ohibò”.

Aveva sempre detestato quella pubblicità. Fu mentre rifletteva su queste cose che vide l’impossibile.

Stone allungò la mano verso la creatura più vicina all’auto.

“Adesso lo morde! – pensò – Le cavallette mordono, giusto? Forse questa cosa, prima, si legherà al collo un tovagliolo! Eh, sì: sembrano cavallette che sanno che cosa sia il bon ton.” Lui, nelle sue indagini per gli xyz files aveva visto cose anche più strane, in fondo.

La distanza si assottigliò sempre di più e l’animale non pareva mostrare l’intenzione di voler attaccare. Si limitava a stare immobile a fissare Stone. Poi, pochi istanti prima che lui la sfiorasse, parve strabuzzare gli occhi come quando, nei cartoni animati, questi escono letteralmente dalle orbite. Era stupore? No, anzi, sorpresa: pareva quasi che la cavalletta avesse riconosciuto in Stone un vecchio amico.

Fece appena in tempo a pronunciare il suo “Ohibò”, prima di dissolversi nell’aria. L’istante dopo, nulla di essa era rimasto. Come se non fosse mai esistita. Folder alzò lo sguardo: come se lo storyteller avesse innescato una misteriosa reazione a catena, ad una ad una, tutte le cavallette presero a proclamare la loro esclamazione e a scomparire.

Nel giro di pochi istanti, la strada era nuovamente libera.

-Ohibò.- mormorò Deppry col muso puntato su quel bizzarro spettacolo.

-Sì, proprio così.- esclamò una voce a Folder ben nota. Soltanto che era impossibile che quella persona fosse lì, accanto al finestrino del conducente su quella strada. Non era possibile. Lo aveva visto scomparire dietro una frattura dello spazio-tempo diverse settimane prima.

-Landon!- trasalì, voltandosi verso di lui, -Cosa ci fa da queste parti?

 

9. -Lei è il padrone di questo cane?- domandò Stone. Landon era seduto sul sedile posteriore della giardinetta accanto a lui.

-Sì, proprio così. E lei sarebbe il tipo strano che inventa storie?- ribattè Landon.

-Uno storyteller. E’ un lavoro. Serio.

-Come preferisce, amico. In fondo, ultimamente, le mie frequentazioni sono molto più strane, le assicuro. Sì, proprio così

-Ripeto la domanda, Landon? Non si trovava in missione da un’altra parte?- ripetè Folder.

-Non posso parlarne.

-Lei è ancora meno loquace del suo cane.- scherzò Stone.

-Cosa intende dire?

-Be’, il signor Stone, qui, è convinto che il suo cane sappia parlare.

-I cani non parlano.- disse lapidario Landon.

-Già.- annuì Deppry.

-Vede, Stone? Lei ha troppa fantasia!- si strinse nelle spalle Folder.

-Dove siete diretti?- s’informò Landon.

-Da un gruppo di hacker complottisti psicopatici. Pensavo di chiederle aiuto, ma a giudicare dai vostri discorsi sono caduto dalla padella alla brace, vero?

Landon squadrò Stone come se parlasse una lingua a lui sconosciuta. Lo fissò in silenzio per qualche istante, allungando una mano per carezzare il suo cane, seduto composto accanto al guidatore, con la cintura di sicurezza ben allacciata. Poi si decise a spezzare il silenzio.

-Lei ha fatto scomparire un mare di insetti mostruosi soltanto col tocco della sua mano. Potremmo concentrarci un momento su ciò che abbiamo visto? Innanzitutto una domanda: come ha fatto?

Stone non lo sapeva! Mentre quella domanda usciva dalle labbra di Landon, si rese conto di aver fatto qualcosa completamente dettato dall’istinto. Rimasto affascinato da quella creatura esattamente identica a come l’aveva concepita, gli era parso naturale allungare una mano per toccarla. Quella non era plastilina. Non erano effetti speciali: si trattava di una cavalletta vera! Ma non era possibile che esistesse veramente.

Come se gli stesse leggendo il pensiero, l’amico dell’agente Folder, comparso dal nulla il momento stesso che le cavallette vi erano tornate, annuì.

-Signor Stone. La ragione per cui sono qui è proprio lei. Se arriveremo incolumi al covo degli amici di Folder, le dovrò dare alcune spiegazioni.

Folder sbirciò un secondo da sopra le sue spalle.

-Landon, perchè dice: “Se”?

-Stone possiede un potere. Ci sono diverse parti interessate ad impossessarsene. Siamo tutti in pericolo.

-Sì, proprio così.- esclamò Deppry.

-Zitto cane.- ordinò Landon.

(continua)

Andrea Savio