Time allergy – Il mistero della torre invisibile (parte 3)

4.

Il signor Queen era sprofondato nella sua poltrona con una tazza di tè davanti. Era poggiata sul tavolino in autentico stile vittoriano che lui aveva recuperato dal solaio di un defunto zio tanti anni addietro. Tutto intorno a lui era silenzio. Interrotto a malapena dal debole ticchettio di una vecchia macchina per scrivere che qualcuno stava usando nello studio a due stanze da quella in cui si trovava, lungo il corridoio che percorreva l’intero appartamento di Baker Street. Se qualcuno se lo stesse domandando, Queen era il vicino di casa del ben più noto investigatore, Sherlock Holmes.

Anche lui, come quest’ultimo, si dilettava a risolvere misteri. Per lui, però, non si era trattata di una scelta di vita: era stato per tanti anni al servizio di sua Maestà britannica presso Scotland Yard. Purtroppo, le losche trame del suo mortale arcinemico, nonché sua personale nemesi, il dottor Watt, avevano posto fine alla sua carriera di investigatore, screditandolo e costringendolo a ritirarsi con infamia.

Queste cose, di certo, non avevano contribuito a levargli il sorriso dal volto, però. Lui non rideva, nè sorrideva, mai: era un dato assodato. I suoi muscoli facciali parevano fatti di pura pietra… salvo per rari casi in cui la sua figlia adottiva, insieme al suo cane, erano riusciti a toccargli il cuore.

Come il suo misterioso biografo (di cui tuttora ignorava l’identità) amava chiamarlo nei resoconti delle sue indagini che scriveva saltuariamente sulle pagine del Times, Jonathan Queen era meglio noto col soprannome de “L’uomo che non ride”.

Mentre pensava a quelle cose, osservava il vapore che dal suo tè saliva lento in sonnolente volute.

Il silenzio.

Soltanto quel lieve rumore di sottofondo.

I suoi pensieri.

Il contenuto della mail da oltreoceano che aveva ricevuto quel mattino lo stava intrigando. Gliel’aveva spedita quel tale… quel Lighting. Un tipo bizzarro, non c’era dubbio: un uomo che aveva votato la propria vita a dare la caccia a qualcosa dal laconico appellativo di “stranezze”. Sì, ecco: diceva di se stesso di essere un “Cacciatore di stranezze”! Già. Gli aveva una volta accennato a certi reperti in cui era incappato: roba che neanche la fantasia di Jules Verne avrebbe osato immaginare.

Non bisogna stupirsi. La cultura fantastica del signor Queen si fermava a Verne e Wells anche se per lui certe trovate di quest’ultimo, come la macchina del tempo, risultavano un po’ troppo cyberpunk! Quindi, di certo, non avrebbe affrontato letture di autori come Asimov o altri. Douglas Adams? Per carità!

Però era un uomo al passo coi tempi e non disdegnava l’uso della tecnologia (anche perché qualcuno in casa sua si era irrimediabilmente appropriato della sua macchina per scrivere…) e questo ci permette di tornare alla misteriosa mail di Lighting, il Cacciatore.

 

5.

Caro John, 

mi perdonerai se arrivo subito al punto, ma la tempistica non mi permette altrimenti. Stamattina, un certo Edward Martin, un amico che, di tanto in tanto, mi segnala i casi che potrebbero rientrare nella mia particolare sfera di competenza, mi ha confidato di trascorrere un periodo piuttosto duro. Tutto a causa di un particolare oggetto caduto incidentalmente in mano sua, svuotando il solaio di un cliente (Martin fa il rigattiere). Da quel momento si è sentito spiato. Per strada ha spesso avuto l’impressione che qualcuno lo stia seguendo. Per sviare i suoi misteriosi persecutori, si è visto costretto a spedire ad una sua lontana nipote LA SCATOLA: è questo l’oggetto in questione, capisci? Proprio “quella” SCATOLA! Non aggiungo altro, con il signor Queen non serve!

Il giorno del mio incontro con te non lo scorderò mai, quando riuscimmo a impedire a quello scienziato pazzo, tuo nemico, di mettere le mani sul meccanismo di Quitlaplam. Lì ho capito che la tua mente deduttiva non era del tutto chiusa a comprendere certe cose (nonostante i tuoi gusti letterari buoni, ma decisamente limitati).

Tu sai di quale oggetto io stia parlando, ovviamente. Potrebbe costituire soltanto un ricordo di importanza storica, certo, una testimonianza del personaggio che possedette LA SCATOLA. Ma se così non fosse? Se davvero contenesse la mappa di un favoloso tesoro? E con “favoloso” intendo anche “pericoloso”!

Ti invito a muoverti in fretta. Qui di seguito ti invio l’indirizzo della signorina Martin. Sbrigati: altri desidereranno mettere le mani su quell’oggetto. E non saranno tutti mossi da buone intenzioni. Non vorrei che quella ragazza corresse qualche pericolo.

A presto.

Tuo Robert.

(continua)