Time allergy – il mistero della torre invisibile

Premessa

1.

L’uomo uscì con passo spedito dal laboratorio. La porta automatica si richiuse dietro di lui con un suono soffuso simile ad un soffio. Mentre camminava, con un dissimulato movimento della mano controllò di aver chiuso la cerniera lampo del taschino sul petto della sua giubba smanicata, proprio sotto il tesserino identificativo della Sandor Data.

Il soldato di guardia all’ingresso era nuovo. Sbirciò il tesserino.

-Buonasera dottor Archer.- lo salutò con un cenno del capo.

L’uomo ricambiò il saluto. Un’altra giornata di lavoro alla Sandor era terminata e sicuramente era stata una giornata straziante. Erano tutte così da quando la Sandor aveva vinto l’appalto governativo e, di conseguenza, trasferito la propria sede operativa all’interno di quella base in Nevada.

Raggiunse la sua Jeep, solitaria ormai a quell’ora della sera, in mezzo al parcheggio riservato ai dipendenti civili. Vi montò. Chiuse lo sportello e, con la mano libera, andò ad assicurarsi che il leggero, ma rassicurante rigonfiamento si rivelasse sotto i suoi polpastrelli nella tasca del giubbino.

Avviò il motore. Poteva benissimo dirigersi verso l’uscita principale, a nord, sicuramente più vicina. Ve n’erano altre due: una a sud, l’altra ad est. Optò per quest’ultima: la meno frequentata, anche se la più lontana. Si trovava, infatti, oltre la grande “piazza d’armi”, quasi venti chilometri quadrati di zona deserta nel cui perimetro i militari spesso svolgevano le loro esercitazioni. Un bel viaggetto, si disse stringendo le labbra, forse sarebbe arrivato tardi a casa quella sera. Jodie non sarebbe stata contenta, certo. Forse, però, lui sarebbe riuscito comunque ad arrivare in tempo per leggere la favola della buonanotte al piccolo Mikey.

Purtroppo non aveva scelta. Prese la strada per l’uscita est. Mise su un cd nel lettore.

Deep down in Louisiana close to New Orleans

Way back up in the woods among the evergreens…

Le note di Johnny B. Goode riempirono l’abitacolo. L’uomo si perse in esse e guidò verso la notte che gli veniva incontro.

2.

Uscita est.

Il soldato semplice Rycker stava tentando il nuovo record col suo scacciapensieri. Sullo schermo a cristalli liquidi, alcuni astronauti stilizzati precipitavano verso la luna raffigurata sul fondo. Con due tasti rossi di gomma ai lati del piccolo videogioco, lui comandava uno shuttle altrettanto stilizzato che si muoveva a destra e a sinistra per afferrare gli omini al volo. Rycker stava arrivando al giro di boa del contatore, cioè 999. Significava aver recuperato 999 astronauti senza averne fatto cadere almeno tre. Tre, infatti, erano le chance per portare avanti il gioco. Poi esisteva soltanto il GAME OVER.

Quindi, appena la Jeep gli si avvicinò, sbirciò appena dal finestrino della guardiola; il suo cervello registrò meccanicamente per la forza dell’abitudine il nome del conducente e usando il videogioco premette il comando per alzare il passaggio a livello. Poi tornò a concentrarsi del tutto sul suo obiettivo: 999.

Quella sera, però non l’avrebbe raggiunto. Intorno ad 879, infatti, la porta della guardiola si spalancò di colpo. Per la sorpresa, Rycker balzò in piedi. Il piccolo videogioco cadde per terra. GAME OVER.

-Soldato!- nella voce del sergente (Rycker non l’aveva mai visto, ma gli bastavano i gradi) c’era sì severità, ma un tono di urgenza che lasciava trapelare il panico.

-Comandi!

-Non deve assolutamente autorizzare l’uscita di alcun veicolo dalla base. Mi sono spiegato?

-Signorsì, signore!- rispose Rycker con solerzia. Non c’era sicuramente bisogno di informare il sergente che qualche minuto prima lo aveva appena fatto. Poteva costagli la licenza, quel weekend. E quel weekend lui doveva partecipare alla prima gara nazionale di Space Rescue!

Il sergente se ne andò soddisfatto di aver portato alla sua sentinella l’ordine appena in tempo. Quel pomeriggio nella “piazza d’armi” si erano svolti particolari esperimenti che avevano reso tutta la zona radioattiva. Nessuno poteva attraversarla prima della decontaminazione. E nessuno che l’avesse attraversata quella notte avrebbe potuto abbandonare la base, ovviamente.

Il sergente terminò il suo turno di servizio con cuore più leggero. Il soldato semplice Rycker (che ignorava le ragioni di quell’ordine perentorio che aveva appena ricevuto) pure.

Intanto il signor Archer attraversava la notte stellata in direzione di casa sua con la prospettiva di leggere la favoletta della buonanotte al piccolo Mickey.

Andrea Savio

Nota di autore

Be’ ragazzi. Qui partiamo con un nuovo racconto. I toni sono un po’ differenti da quelli a cui siamo abituati. Non è un’indagine di Ted Landon. Non dobbiamo aspettarci di veder comparire all’improvviso Wolf Folder e l’inseparabile Cally.

Nonostante tutto, non uscirò da quell’universo narrativo. “Time allergy” introduce nuovi personaggi e nuove atmosfere. E, spero, nuovo divertimento.

as