Time allergy – il mistero della torre invisibile (parte 5)

L’uomo che non ride (1)

Vivere assieme ad uno dei più brillanti cervelli investigatori del nostro tempo non è certo una passeggiata. Lo posso ben dire io che lo seguo in ogni indagine. Ben inteso, non potrei fare altrimenti, visto che sono il suo cane. Certo, lui mi tratta bene, non ho di che lamentarmi, ma certamente potrei ambire a ben altro trattamento se solo sapesse quanto io faccia per lui ogni giorno.

Pensare che avevo cominciato a buttare giù qualche riga sulla mia vita col signor Queen un po’ per ascoltare i consigli del mio terapista, il fox terrier di un certo signor Freud, ma poi ho scoperto che oltre ad essere un’esperienza rinvigorente, il mio lavoro di scrittura si vendeva bene. Ho assunto, così, uno pseudonimo umano ed ho cominciato la mia fruttuosa collaborazione con il Times. Ad oggi, grazie al sottoscritto, il troppo serio Jonathan Queen è divenuto popolare quasi alla stregua di quell’altro segugio della porta accanto.

Torniamo a noi. Mentre io mi trovavo sballottato con la testa a ciondoloni dalla capiente borsa da viaggio di Queen, mi dovevo anche sorbire l’ennesimo piagnisteo di Cloe, la sua pupilla, nonché figlia adottiva.

-Ancora non capisco perché debba seguirti in questo viaggio!- si lamentò per l’ennesima volta Cloe.

Queen rimase in silenzio, mentre varcavano l’ingresso dell’aeroporto di Heathrow. Quando era giunta in casa Queen, Cloe era una piccola peste dai boccoli d’oro e dalla caparbietà d’acciaio. Ora era una giovane donna che, invece di perdersi nelle frivolezze della sua età si era chiusa in se stessa e fuggiva la compagnia di tutti.

Io questi cuccioli svezzati proprio non li capisco. Ma vai per il mondo, no? Annusa qualche albero… Levati le pulci rotolando nella terra… Corri dietro agli scoiattoli, che so io! No: piuttosto era capace di restarsene tutto il giorno con quei tappi di plastica col filo che finiva nella scatoletta rettangolare luminosa che affascinava tutti gli umani. Mah, valli a capire.

-Abbiamo due biglietti di prima classe per la Città. Ti piacerà, vedrai.- spiegò finalmente Queen.

-Che ci andiamo a fare?

Queen non rispose ma si diresse subito al check-in.

Cloe lo seguì rassegnata (o forse intenta ad ascoltare i suoni che uscivano dai tappi nelle orecchie).

Io scoprii ben presto che venivo considerato bagaglio a mano e vi assicuro che la cosa non giovò al mio amor proprio!

Ben presto finì anche quell’umiliazione e ci dirigemmo verso l’imbarco. Il nostro aereo sarebbe stato pronto ad accoglierci entro trenta minuti.

Improvvisamente, Jonathan consegnò a Cloe la sua borsa (con me dentro) e disse di attenderlo qualche momento. Compresi subito che, nonostante gli avessi fatto vedere per anni al parco come si dovesse andare alla toilette, lui si ostinasse ad espletare i propri bisogni corporali in quelle invitanti e profumate tazze rotonde che piacciono tanto a noi cani.

Dopo qualche minuto, una voce all’altoparlante avvertì i viaggiatori che l’aereo per gli Stati Uniti in partenza entro trenta minuti era stato improvvisamente annullato per motivi tecnici. Molti umani intorno a noi cambiarono espressione ed alcuni anche colore della pelle, passando ad un rosso acceso.

Cloe, evidentemente distratta dai suoi tappi, rimase indifferente.

Pochi istanti dopo, ci raggiunse Jonathan.

-Cloe, seguimi.- disse, imperturbabile.

Lei sbuffò e caricata del suo zaino e della borsa di Queen, si rassegnò a seguirlo in un percorso a ritroso sino al check-in.

La signorina al banco era trafelata, per le proteste di coloro che si erano visti cancellare il volo. Quando vide Jonathan rivolgerle una domanda con una voce trapelante una pace inaspettata, rimase disorientata.

-Possiedo due biglietti per il volo appena annullato.

-Lo so, signore. La compagnia si scusa, ma è accaduto uno spiacevole imprevisto. Le verrà rimborsato il biglietto o la posso imbarcare sul primo volo di domani.

-Non sarà necessario. Se lei guarda la lista passeggeri del volo per gli Stati Uniti che fa scalo a Roma, troverà che all’appello mancano due persone. Mi accontento di partire con quel volo. Ho molta fretta e la partenza è prevista fra venti minuti.

La signorina aggrottò le sopracciglia. Controllò a terminale e constatò che mancavano due viaggiatori all’appello.

Jonathan riprese a parlare.

-Vede, quel volo è sicuramente meno costoso, conoscendo la compagnia aerea. Scommetto che quelli sono posti di turistica e io ho qui biglietti di prima classe.

Lei lo guardò senza capire bene cosa stesse succedendo. Quello strano viaggiatore sembrava avesse pensato a tutto e, in fondo, cosa c’era di male ad accontentarlo?

-Va bene, signore. Mi dia i suoi biglietti. Le preparo i nuovi.

 

Quando infine l’aereo decollò, Cloe notò qualcosa che sporgeva da una delle tasche della giacca di Queen.

-Papà, scusa… cosa ci fai con un cacciavite?

Per un momento, sul viso di Jonathan Queen passo un lampo furtivo. Poi la sua consueta imperturbabilità ebbe la meglio.

-Alla toilette c’erano quattro posti.- rispose.

Cloe che conosceva il carattere sibillino di Queen, si incuriosì e volle indagare: quel cacciavite era l’equivalente di un’arma nelle mani di un ex agente di Sua Maestà.

-Immagino che uno l’avrai occupato tu.

-Ben arguito.

-Gli altri tre?

-Un pilota e due passeggeri che ingannavano l’attesa del proprio imbarco.

-Se un pilota non si presentasse al proprio aereo con il resto dell’equipaggio, immagino sarebbe il corrispondente di un problema tecnico.

Queen annuì.

-Esatto. Se scomparisse un pilota, il volo deve essere annullato. Soprattutto se si trattasse del capitano.

Cloe fissò Jonathan con un misto di stupore e… qualcosa di molto simile al rispetto. Era entrata a far parte di casa Queen qualche anno prima e, vivendo a stretto contatto con Jonathan, lo aveva visto sopravvivere a oscuri complotti e attentati, risolvere intrighi internazionali con l’abilità di un diplomatico e la pratica dell’uomo d’azione. Sapeva che lui aveva sempre in serbo qualche asso nella manica e le sue azioni equivalevano alle contromosse di una qualche enorme ed occulta partita a scacchi. Il signor Queen aveva sabotato la partenza del loro aereo e bloccato due passeggeri di un altro volo per poter prendere il loro posto.

Mentre pensava a queste cose, lui la osservava in silenzio. Poi, all’improvviso, esclamò.

-So che stai unendo i pezzi del puzzle ed adesso sai perché ci troviamo su questo aereo e non sul nostro.

-Sto riflettendo sulle conseguenze…

-Oh, probabilmente non ce ne saranno: nessuno dei tre mi ha visto sabotare la porta della toilette dei signori. Inoltre, gli altri due passeggeri sono stati ben risarciti, dato che la compagnia farà in modo che ottengano i nostri biglietti di prima classe per la medesima destinazione a cui erano diretti.

Cleo trasalì, a quelle parole. Non era possibile avesse calcolato tutto.

-Ma tu come sapevi che quei tre uomini sarebbero andati in bagno nel medesimo istante?

A quella domanda, Queen tacque, lasciando vagare lo sguardo intorno a sè. Infine puntò gli occhi nuovamente su di lei.

-Non lo sapevo, infatti. L’ho dedotto.

-Da… da cosa?

-Signorina mia, non sei l’unica brava coi motori di ricerca!

La risposta non la convinse del tutto, ma per quel giorno decise che ne aveva abbastanza di ammirare il signor Queen. Quindi, da brava post adolescente, si strinse nelle spalle e tornò a concentrare la propria attenzione sulla scatoletta luminosa fra le sue dita affusolate.

(continua)