Lo storyteller (parte VIII)

Capitolo 2 – Professione: pirata

1. Il parcheggio, ormai, era deserto all’infuori di quattro auto berline nere coi vetri oscurati ed una moto. Quest’ultima era un’Harley Davidson blu elettrico cromata. Appena fuori dall’edificio, i ruoli si erano invertiti: non era più Jake a condurre la gentil donzella lontano dal covo dei cattivi, ma era lei che lo aveva afferrato per un braccio e lo trascinava con energia in direzione della motocicletta. Alla sola vista di quel veicolo, Jake strabuzzò gli occhi. Ma perchè in quel mondo pazzo in cui l’aveva condotto la sua bussola, non esistevano mezzi di trasporto degni del loro nome, cioè quelli trainati dai cavalli?
-Monta!- ordinò la donzella, dopo essere saltata in sella a quella… cosa.
Jake dondolò interdetto. La ragazza perse la pazienza.
-Ascolta. Io non so chi tu sia, ma adesso siamo tutti e due nello stesso guaio. Salta su o ti pianto in asso qui a lasciarti scuoiare vivo da quella gente. Li conosco. So quello che ti farebbero, perché lo farei anche io al loro posto. Sarà stata la cortesia con cui l’invito era stato offerto? Oppure l’istinto di sopravvivenza? Comunque Jake si decise ad obbedire.

-Accetto il tuo gentile invito, fanciulla.
La ragazza lanciò un’occhiata oltre le spalle di Jake. Alfrè fu il primo a giungere al parcheggio e stava già prendendo la mira per sparare su di loro.
Jake si trovò issato sulla moto nel modo meno onorevole: preso per la cintura, mentre le ruote già fischiavano sull’asfalto. Non capiva come quell’aggeggio potesse fare tutto quel rumore e, soprattutto, muoversi, ma decise seduta stante di rimandare a più tardi le sue curiosità e di aggrapparsi spasmodicamente alla ragazza dai capelli blu.
Serrò anche le palpebre, nella speranza che nessuno notasse l’espressione poco virile e senza paura che rivelava al mondo in quell’istante.
Udì soltanto l’eco degli spari. Strano però, riflettè. Gli altri tirapiedi erano in quattro. Perchè soltanto uno era uscito nel parcheggio alle loro calcagna?

2. -Amici. Colleghi.- chi parlava era il damerino: il suo nome era Joe il Bello. Si passò una mano fra i capelli e proseguì, -Siamo d’accordo su un solo fatto: questo uccellaccio è veramente brutto.
-Eppure quello che ha rapito la Sabbry era vestito da pirata.- osservò il tipo segaligno sotto il suo cappellaccio a tesa larga che gli celava gli occhi. Rispondeva al nome di Joe lo Sfuggente, -Questo non può che essere il suo pappagallo.
-Ma non è di plastica! E poi io non lo userei mai per farci la pipì!- esclamò l’ometto basso coi calzoni color cachi. Era noto come Joe lo Sveglio.
-Non vedi che questo è un animale?- ringhiò lo Sfuggente.
-Si chiama come l’attrezzo di plastica che si usa negli ospedali, ma questo non raccoglie la pipì.- rise bonario il Bello.
-E cosa fa, allora? Se è un uccello, saprà cantare, no?- riflettè lo Sveglio.
-Giusto!- approvò lo Sfuggente. -Facciamoci dire il perchè ci stessero spiando. Per quale famiglia lavorano? O, peggio, se sono in combutta con gli sbirri!
Era Nemesi il motivo per cui tre su quattro inseguitori si fossero fermati nel retrobottega del locale. Mentre tutti e quattro stavano attraversandone la soglia, subito dopo che Alfrè era scomparso, Nemesi si era posato sull’attaccapanni vicino all’uscita e aveva urlato loro contro un epiteto che qui è meglio non riferire. Attirò su di sè l’attenzione dei tre rimasti, appunto, il Bello, lo Sfuggente e lo Sveglio.
E tre erano i revolver puntati ora alla volta del suo becco.
-Hai sentito che cosa ha chiesto il mio compare? Se vuoi rimanere un uccello che vola libero e vivo su questo pianeta ti conviene cantare!- sibilò il Bello.
-Canta!- intimò lo Sveglio.
Nemesi li fissò per un millisecondo. Dietro quei suoi occhietti, il pappagallo celava una qualche forma di genio perverso, sì, ma quella volta aveva proprio le spalle (si fa per dire) al muro.

3. -Adesso puoi aprire gli occhi.- esclamò Sabbry, sbirciando Jake dallo specchietto sinistro.
Colto di sorpresa, Jake volse spasmodicamente lo sguardo intorno.
-Non li avevo mica chiusi io!
-Sì, certo.
-Mi faresti la cortesia di spiegarmi dove stiamo andando?
-Conosco un posticino in cui nasconderci.
-Un galeone?
-Ci stiamo allontanando dal porto.
-Non puoi essere più precisa?
-No. Adesso reggiti. Abbiamo un suv nero che ci insegue.
Jake si gettò un’occhiata alle spalle. Il marchingegno che veniva dietro a loro non assomigliava ai mezzi di trasporto visti nel parcheggio di quel locale.
La domanda era: chi li stava inseguendo? Inoltre, se non si fosse trattato dei tirapiedi della riunione, che cosa volevano da loro due?

4. E il pappagallo cantò.
-VAAA’ PENSIEROOO SU L’ALI DORAAATEE…
Il Bello lanciò un’occhiata interrogativa allo Sfuggente il quale si rivolse perplesso allo Sveglio.
Non sapevano che dire. Alle loro spalle, oltre la soglia, uno degli ologrammi, quello di Don Vito chiamò.
Accorse lo Sveglio.
-Sveglio, li pigliaste i fuggitivi?
-Non ancora, con rispetto parlando.- un picciotto sempre con rispetto doveva rivolgersi a ‘u parrinu, -Il vostro Alfrè se ne occupò.
-Bravo, Alfrè.- approvò il boss, -E voialtri che state facendo.
-Un complice del pirata pigliammo. L’infame sta cantando.
-Bene. Bene. Che dice?
Ci piace Giuseppe Verdi.
-Che facisti, Sveglio? Taliasti?! (“Scherzasti” – NdA)
-Non mi permetterei mai con vossia. Si tratta dell’aria “Va’ pensiero”…
Facitelo smettere! ‘U capisti?
-Ma canta bene…
-… SU L’ALIII DORAAATEEE!- echeggiò Nemesi dalla stanza accanto.
(continua)
Andrea Savio