Time allergy – il mistero della torre invisibile (parte 4)

6.

1949. New York. Park Avenue.

Charleen scappava. Quei ragazzi la inseguivano ancora. Il cuore le batteva all’impazzata. Non sapeva cosa volessero da lei. Aveva soltanto desiderato venire al parco. Ok, era abbastanza distante dal suo quartiere: questo, però, non costituiva una ragione valida per metterle le mani addosso! Chi erano, poi? I polmoni le bruciavano, mentre attraversava i viali, in mezzo alla gente che passeggiava rivolgendole qualche sporadico “Ehi, ragazzina!”.

-Prendila! Ci sei quasi!- gridava uno di loro.

Lanciò un’occhiata da sopra le spalle: stavano tagliando dai prati! Presto le sarebbero stati addosso. Purtroppo, quello di sbirciare era stato un grave errore. Finì addosso a qualcuno. Caddero entrambi a terra.

-Presa!- urlarono gli inseguitori.

 

7.

Lizzie e Mike erano seduti sul divano. La loro attenzione era tutta rivolta a quella scatola. Un cofanetto di legno dal gusto vintage, il coperchio bombato alla foggia di uno scrigno del tesoro. Mike teneva in mano la lettera che accompagnava lo strano dono. Il mittente era uno zio della ragazza.

Cara Lizzie,

Ti affido questo cofanetto. Contiene importanti documenti. Nascondilo per me, ti prego. Qualcuno lo sta cercando e sarebbe meglio non lo trovasse. Sospetto abbiano ormai capito che è in mio possesso, quindi ho pensato di inviarlo a te. Sei troppo giovane per interessarti a certe cose ed i tuoi studi sono scientifici. Dovrei essere riuscito a metterli su una falsa pista.

Ti prego, non parlarne coi tuoi genitori e non cercare di aprirla. Anzi, nascondila in un luogo inaccessibile. Ti prego di fidarti. Non ti spiego di più: meno ne sai, più sei al sicuro.

Tuo zio Ed

-Piuttosto sibillino, tuo zio.- commentò.

-Che faccio, Mikey?- mormorò Lizzie.

-Fa’ come ti ha detto lui. Tuo padre tiene una pala in garage?

Lizzie lo fissò stupita. Conosceva il suo ragazzo. Era un appassionato di misteri e segreti. Una scatola chiusa accompagnata da una simile lettera, avrebbe dovuto stuzzicare la sua vena… diciamo “creativa”. Di certo non si sarebbe aspettata che volesse assecondare zio Ed!

-Tutto qui?- balbettò un po’ delusa.

Mike si strinse nelle spalle.

-Cosa vorresti che io faccia? Che forzi lo scrigno?

-Non mi piace avere in casa qualcosa di pericoloso!

-Non è detto che sia pericoloso il contenuto di questa scatola. Io, prudentemente, me ne sbarazzerei!- detto questo, si alzò per dirigersi verso la porta che dava sul retro della casa, in direzione della rimessa del signor Martin.

-Non ci credo che sia Mike Archer a parlare così!- lo gelò Lizzie quando era già sulla soglia.

Mike si volse e la fissò con occhi tristi.

-Ora che l’università di Oxford mi ha accettato, sono molto lontano. Come faccio a proteggerti da questa situazione?

Lizzie si rilassò. Gli andò vicino con la scatola. Adesso gli sorrideva.

-Zio Ed non aveva nessun diritto di mettermi in questa situazione, come l’hai chiamata. Io ho diritto di conoscere il contenuto di questa scatola. E solo tu mi puoi aiutare.

-Già, i tuoi genitori non sono le persone più adatte a gestire certe cose.

Mike e Lizzie si frequentavano da quando erano bambini. Lei aveva condiviso sin da subito il particolare segreto di lui, la sua strana forma allergica. Uno starnuto di Mike e loro due avevano più volte vissuto avventure incredibili in posti lontanissimi. Troppo lontani per due bambini. Troppo distanti per due adolescenti. A troppi mondi di distanza da casa Martin per un giovane uomo ed una giovane donna. Un secondo starnuto li riportava comunque all’attimo successivo alla loro partenza. Nessuno aveva mai avuto modo di sospettare alcunché.

-Per la verità non li abbiamo mai messi alla prova. D’altronde, non sono sicura che papà possa sopportare qualcosa di diverso dallo scovare nuovi talenti per la sua casa editrice e mamma è sempre troppo presa con il museo.

Mike tentennava ancora il capo.

-Non lo so, Liz, stavolta mi sembra diverso. E se fosse qualcosa di più grande di noi?- in fondo agli occhi, lei gli lesse una strana paura. Qualcosa che non aveva mai visto prima.

-Cosa ti preoccupa?- riuscì a sussurrare.

-Questa scatola. Le parole di tuo zio. Va bene finire negli intrighi di palazzo a Versailles, oppure nel bel mezzo di un antico rito azteco… Siamo sempre stati fortunati a riportare a casa la pelle. Ti ho trascinata laggiù io, non me lo dimentico di certo. Quella volta che siamo finiti coi costumi di carnevale nel bel mezzo del medioevo c’è mancato un pelo che non ci mettessero sul rogo per come eravamo conciati!

Lizzie scosse il capo con decisione.

Gli gettò le braccia al collo e lo baciò.

-Non credo alla fortuna. Tu sei bravo, quando ci sono situazioni ingarbugliate da risolvere. E poi, sono sempre stata convinta che non fossimo mai soli nei nostri viaggi.

Mike la guardò con un punto di domanda in fronte, ma Lizzie alzò la scatola sotto il suo naso.

Aprila, Archer. Subito!

 

8.

1940. New York. Park Avenue.

L’uomo si rialzò. Quando quei ragazzi lo videro, arretrarono. Era come se avessero visto un fantasma.

-E’ quello dei giornali!

-Andiamocene! Secondo me è pericoloso!

-Via! Via!

L’uomo si chinò su Charleen che lo fissava perplessa. Lui aveva un bel viso gioviale, adornato da un pizzetto che gli dava un nonsoché di elegante, ma, allo stesso tempo, inquietante. Lei decise comunque di fidarsi.

Lui le tese la mano, per aiutarla a rialzarsi. L’afferrò. Una volta in piedi, alzò lo sguardo (lui la sovrastava di un bel po’).

-Chiedo scusa di averla urtata, signore.

-Urtato?- rise l’uomo, -Mi ha letteralmente investito, signorina! Perché quei loschi figuri la inseguivano?

Charleen si strinse nelle spalle. Si domandava il motivo di quella domanda. Il colore della sua pelle, lei sospettava, c’entrasse qualcosa. Quei ragazzi l’avevano vista girare da sola e chissà cosa avevano pensato di fare! Quello sconosciuto, però, era differente. La domanda che le aveva posto arrivava da un cuore in buona fede, lei lo sentiva. Si limitò ad un sorriso un po’ dolente.

Lo sconosciuto inarcò un sopracciglio.

-Perché è triste? La giovinezza non dovrebbe mai esserlo!

-Non sono triste. Ma la vita, alle volte è dura.- rispose con onestà.

Lui annuì. Poi raddrizzò le spalle.

-Secondo me, lei ha soltanto bisogno di un toccasana! Se le va, le rivelerò un segreto. Mi segua!

-Non so se dovrei…- tentennò Charleen. Era pur sempre uno sconosciuto. Perché avrebbe dovuto seguirlo? E perché il solo vederlo aveva messo in fuga quei ragazzi?

-Suvvia. Siamo in pieno giorno ed io non intendo lasciare il viale frequentato dagli altri passanti. Le voglio soltanto mostrare una cosa che si può vedere soltanto in questo posto!- ribatté lui allegramente, mettendosi in marcia.

Dopo un attimo di esitazione, Charleen si decise ad andargli dietro.

Dopo un momento, lui ruppe nuovamente il silenzio.

-Ah, dimenticavo le presentazioni: il mio nome è Stuart, ma a Broadway mi chiamano “il mago”!

(continua)

Andrea Savio